Capitale della pastorizia e dello zafferano

Un territorio fertile, un fiore dai pistilli odorosi, un’alleanza antica fra uomo e animale: così L’Aquila si fece ricca.

Capitale della pastorizia e dello zafferano

L’elezione a fine Duecento del papa abruzzese Celestino V lancia sulla scena internazionale del tempo questa città ai confini settentrionali del regno di Sicilia, fiorente per zafferano, prodotti della terra e pastorizia, sede di affollatissimi mercati e crocevia di traffici sulla “via degli Abruzzi” che collegava Firenze a Napoli. 

Fino alla fine del Quattrocento L’Aquila è un posto dove si può vivere bene e fare fortuna e sono in tanti – artigiani, mercanti e anche gli emissari delle più prestigiose famiglie fiorentine, pisane e napoletane – a cercare casa qui e a metter su attività, con tutto ciò che di buono porta il fermento economico e culturale.

A esempio la costruzione di chiese e palazzi, con l’ingaggio dei più grandi talenti dell’epoca, fra progettisti e maestranze. In città giunge anche un personaggio straordinario come il frate francescano Bernardino da Siena, teologo di grande spiritualità, pensatore modernissimo, spiritoso predicatore che riempie le piazze, che proprio all’Aquila muore, nel 1444. Le sue spoglie non sono mai tornate a Siena e tuttora riposano nella magnifica basilica a lui dedicata, la cui prima pietra è posta pochi anni dopo la sua morte, quando Bernardino viene fatto santo. 

Parti senz’altro da questo gioiello rinascimentale e segui poi questo percorso che ti guida fra palazzi, case e chiese che testimoniano i fasti e i nefasti della città e della sua gente, le strategie di ascesa sociale del ceto mercantile e la lungimiranza degli ordini religiosi. A rimescolare le carte ci hanno pensato gli accidenti della storia ma L’Aquila, con le sue tante cicatrici, è sempre qui, bellissima.

30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37
Durata0 - 30 minuti
Percorsoentro 3 km
Mobilità a piedi bici monopattino elettrico
Bellezze
Basilica di San Bernardino

Arrivi in piazza San Bernardino e la prima cosa che vedi è la facciata rinascimentale della basilica, naturalmente. E poi la scalinata ottocentesca: scenografica, spettacolare.

Tutto il resto inevitabilmente sbiadisce, però ci sono cose interessanti da sapere. Per esempio la scuola De Amicis, a sinistra della basilica, è un riadattamento novecentesco dell’ex ospedale di San Salvatore, datato XV secolo. Il fabbricato con i portici, più a ovest, è di metà Novecento. E a est, nella cinta muraria medievale, si apre la Porta dei Leoni. 

Poi c’è la memoria di ciò che non c’è più, come la settecentesca casa antisismica Antonini, al centro dell’attuale parcheggio, abbattuta negli anni cinquanta del secolo scorso, e una fontana in pietra di cui sono state trovate tracce nello spazio davanti alla chiesa.

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Basilica di San Bernardino
Casa di Jacopo Notar Nanni

Al n. 9 di via San Martino la Casa di Jacopo di Notar Nanni merita una certa attenzione, perché è un esempio piuttosto raro in città di architettura mista medievale e rinascimentale. 

Jacopo, ricco mercante di bestiame, seta e zafferano ma anche mecenate, alla fine del Quattrocento pagò 9000 ducati di tasca sua perché Silvestro dell’Aquila, progettista top, costruisse il mausoleo per le spoglie del suo amico Bernardino da Siena. 

Curiosità: sul portone in via Bominaco c’è lo stemma di famiglia, due torri a lato del trigramma IHS inserito in un sole raggiante. IHS sta per IHSUS, il nome di Gesù in greco, il sole è la carità, e tutto l’insieme, che oggi chiameremmo logo, fu disegnato da San Bernardino per dichiarare la devozione a Cristo.

Guarda caso, San Bernardino è patrono dei pubblicitari…

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Casa di Jacopo Notar Nanni
Palazzo Burri Gatti

Proporzioni, armonia, eleganza: il cortile di Palazzo Burri Gatti merita una visita per tutto questo. 

Entri da corso Vittorio Emanuele attraverso un portale rinascimentale, percorri uno stretto androne, anche questo tipico del Rinascimento, e alla fine ti trovi in uno dei più significativi cortili aquilani del XV secolo.

Pianta quadrata, portici su due lati e uno scalone che porta all’altana del piano superiore, lungo la quale corrono colonne in pietra, da sotto puoi scorgere il soffitto in legno. Davvero bello.

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Palazzo Burri Gatti
Palazzo Camponeschi

Vicenda molto articolata quella di Palazzo Camponeschi, oggi sede dell’Università dell’Aquila e del suo rettorato.

Cominciamo dalle origini, circa XV secolo, quando al posto del palazzo c’erano delle costruzioni di proprietà della famiglia Camponeschi.

Le antiche case furono radicalmente trasformate: sulle cosiddette Case Nuove fu costruito l’attuale Palazzo Pica Alfieri, mentre le altre costruzioni diventarono prima il Palazzo della Camera, a lungo sede della vita politica, e poi il Collegio dei Gesuiti. Siamo a fine XVI secolo.

I nuovi proprietari pensarono in grande e riconfigurarono completamente la zona, eliminando una strada, aprendone due nuove e unificando tre isolati. 

La lunghissima facciata che costeggi oggi nella via Camponeschi è frutto della ricostruzione post-sisma del 1703.

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Palazzo Camponeschi
Palazzo Centi
Di fronte alla chiesa di Santa Giusta, il settecentesco Palazzo Centi ha una storia particolarmente interessante. Intanto occupa da solo un intero isolato, il che significa che se gli giri intorno costeggi sempre e solo il palazzo, senza interruzioni.

Poi, tanta magnificenza ha una spiegazione, in bilico tra realtà e leggenda. Pare infatti che il ricco mercante Gian Lorenzo Centi lo abbia voluto così imponente per dare un simbolico schiaffo all’aristocrazia aquilana che lo aveva snobbato. Secondo un’altra versione, invece, il mercante aveva bisogno di una residenza adeguata per poter aspirare alla mano di una nobildonna Dragonetti, di rango superiore e certo poco incline a vivere in qualcosa che fosse meno di un palazzo. 
Ex sede della Regione Abruzzo, attende il recupero post-sisma 2009.

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Palazzo Centi
Palazzo Fibbioni

Attuale sede del Municipio aquilano, il palazzo si trova su corso Vittorio Emanuele in angolo con via San Bernardino ed è uno dei Quattro Cantoni a cui è intitolato l’incrocio. 

Non solo si tratta di uno dei primi edifici civili rinascimentali della città, ma è anche esempio di architettura antisismica dell’epoca.

Si chiama Fibbioni perché prende il nome dalla famiglia proprietaria, il cui capostipite Bartolomeo in realtà si chiamava Del Secco. Il soprannome “Fibbione” gli fu appioppato quando si trasferì all’Aquila nel XVI secolo, e nello stemma di famiglia si vedono infatti due leoni rampanti che sorreggono una fibbia sotto una stella.

Chi lo sa, si vede che Bartolomeo aveva una predilezione per cinture e affini. I soffitti lignei di alcuni ambienti sono tra i più importanti della città.

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Palazzo Fibbioni
Palazzo Lucentini Bonanni
Il bel palazzo, su tre livelli, si trova nell’ultimo tratto di corso Vittorio Emanuele, in angolo con piazza Regina Margherita. In origine era più grande ma poi gli è stato tolto un pezzo per fare spazio al prolungamento del corso fino alla Fontana Luminosa (1933).

Di impianto rinascimentale, evidente nel cortile, nel XVI secolo fu residenza della famiglia Lucentini. Come molti altri edifici aquilani, il palazzo è stato risistemato dopo il sisma del 1703 e un secolo dopo la proprietà è passata nelle mani della famiglia Bonanni, il cui stemma è ben visibile sull’angolo tra il corso e la piazza.

Nello stemma è raffigurato un gatto (che nel blasone è nero su fondo oro), e viene da chiedersi se c’è un nesso con la toponomastica, dato che poco lontano da qui c’è una via del Gatto…

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Palazzo Lucentini Bonanni
Palazzo Pica Alfieri
Arrivi in piazza Santa Margherita ed ecco Palazzo Pica Alfieri, cioè uno dei primi esempi di barocco aquilano, ma tieni presente che l’assetto barocco è solo il punto di arrivo.

Il palazzo sorge infatti su quelle che nel Quattrocento erano le Case Nuove Camponeschi, che poi cedettero il passo al cosiddetto Palazzo del conte di Montorio, ovvero Pietro Lalle Camponeschi, tanto prestigioso da ospitare la regina Giovanna d’Aragona al suo passaggio in città nel 1493.

Il palazzo passò di mano più volte, e quando alla fine lo comprò Ludovico Alfieri sfortuna volle che arrivasse il sisma del 1703 a distruggerlo. La famiglia però lo ricostruì, nei volumi che oggi stai ammirando, restaurati dopo un altro sisma, quello del 2009. Curiosità: tutti gli arredi del palazzo sono stati venduti all’asta nel 2011.

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Palazzo Pica Alfieri